La scopa, riti e simbologia
franca molinaro Ottopagine 6 aprile 2014
La primavera, con la sua “scopa fiorita”, spazza via l’inverno, il buio, le tenebre, riporta il sole, la luce, il fermento rigenerativo. Questo vezzo un po’ poetico è sostanziato dalla credenza, tra gli antichi popoli europei, che i fili di saggina, con cui sono costruite le scope rustiche, hanno un potere germinativo. Ma vediamo come, questo strumento che, ignari, usiamo quotidianamente, assume differenti significati. Pare che la scopa sia nata non come attrezzo di pulizia ma come strumento indispensabile per purificare i luoghi di culto, particolarmente con la nuova stagione quando “la dea del bel tempo” spazzava via le nuvole. Nel corso delle ere, lo strumento, di materiali e forme diverse, ha avuto una sua storia ed una doppia valenza nei quattro angoli del globo passando dall’indiscusso potere apotropaico nelle nostra tradizione meridionale, al simbolo fallico associato ai voli delle streghe. Proseguiamo in ordine cronologico. Il grande Pitagora, nonostante il suo raziocinio, vietava di cavalcare una scopa.
Nell’antica Roma, durante le Antesterie, le anime dei morti tornavano sulla terra per far visita ai vivi che le accoglievano con vari riti, passato il tempo stabilito, però, le “scopavano” fuori dall’uscio con l’atto simbolico di spazzare il pavimento.